Sto ascoltando in questi giorni “The Hope Six demolition project”, ultimo album della grande PJ Harvey uscito qualche mese fa. Artista sofisticata e ultra cool, nonché eccellente polistrumentista (che invidia!), ha realizzato il disco con una recording session durata più di un mese alla Somerset House di Londra, nella quale gli artisti provavano dietro una parete di vetro di fronte agli spettatori paganti. Arte nell’arte.
Dopo “Let England shake”, il pluripremiato e osannato disco precedente del 2011, la nostra Polly Jean tira fuori un altro capolavoro. Album molto raffinato, curato come sempre in maniera maniacale e suonato da musicisti eccellenti, “The Hope Six demolition project”, contiene parecchi brani affascinanti, a cominciare dalla bella melodia di “The community of Hope” per continuare con le chitarre di “The ministry of Defence”, la splendida “A line in the sand” e il gran ritmo di “The wheel”, forse il brano migliore dell’album.
Inutile dire che anche i testi sono all’altezza della musica, e toccano tematiche sociali e politiche di grande impatto, con un taglio critico e accusatorio. L’ispirazione per i brani è conseguente ad un viaggio dell’autrice in Kosovo e Afghanistan, mentre il titolo dell’album si riferisce ad un contestato progetto di demolizione e riqualificazione edilizia a Washington. Non ho però minimamente le competenze per dire nulla di più su questo album, e non sarei in grado di dire granché di originale al riguardo. Lascio questo lavoro a chi è veramente competente per farlo. Mi limito a dire che è un disco che adoro, come tanti altri di PJ Harvey, e che mantiene una coerenza di fondo e di sound con i lavori precedenti davvero da ammirare. Ce ne fossero altri di artisti del genere.
Ma passiamo a qualche video, iniziando con il bel trailer:
Ed ecco infine una delle mie canzoni preferite, “The wheel”: