Under the bridge

Sometimes I feel
Like I don’t have a partner
Sometimes I feel
Like my only friend
Is the city I live in
The city of angels
Lonely as I am
Together we cry

I drive on her streets
‘Cause she’s my companion
I walk through her hills
‘Cause she knows who I am
She sees my good deeds
And she kisses me windy
I never worry
Now that is a lie

I don’t ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way
I don’t ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way (yeah yeah)

It’s hard to believe
That there’s nobody out there
It’s hard to believe
That I’m all alone
At least I have her love
The city she loves me
Lonely as I am
Together we cry

I don’t ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way
I don’t ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way (yeah yeah)
Ooh no (no no yeah yeah)
Love me I say yeah yeah

Under the bridge downtown
Is were I drew some blood
Under the bridge downtown
I could not get enough
Under the bridge downtown
Forgot about my love
Under the bridge downtown
I gave my life away (yeah yeah)
Ooh no (no no yeah yeah)
Here I stay yeah yeah

Here I stay

© Anthony Kiedis / Michael Balzary / John Anthony Frusciante / Chad Smith

Altri orizzonti

© germinazioni

E’ mattina. Sto andando a lavoro, ma oggi non ho fretta di arrivare. Sono ancora stanco da ieri, e ho bisogno di un momento di pausa. O di riflessione, forse. Mi fermo in uno spiazzo, scendo dalla macchina e faccio due passi. Terreno bagnato di rugiada. Profumo di macchia mediterranea. Un paesaggio spettacolare, una valle che sembra incontaminata e primigenia. Torno in macchina a prendere il telefono per scattare una foto, dandomi mentalmente del deficiente per non aver portato la fotocamera. Quella vera.

Inquadro. Pura natura, e un orizzonte che riempie gli occhi e il cuore.

E’ in mezzo a questa Natura che dovrei stare. E’ sopra questa terra che dovrei stare. Aria fresca, erba, terra, foglie e vento. Realtà. Verità. Purezza.

E invece io che faccio? Sto andando a lavoro. Anzi, ringraziamo pure che ho avuto per lo meno il buonsenso di fermarmi un attimo.

Ma a parte questo sprazzo di inaspettato buonsenso, il problema vero resta un altro. Con tutta questa meraviglia da contemplare, con tutta questa vita reale da vivere, io cosa faccio? Sto andando a lavoro. E magari anche stessi andando a fare qualcosa di utile. Di stimolante. Di interessante. Magari! Sicuro come la morte che anche oggi andrò sul posto di lavoro a sprecare il mio tempo e ore preziose e irripetibili della mia vita per stare a sentire per l’ennesima volta le solite penose e inutili stronzate, bugie, mediocrità e noiosaggini. Non c’è male.

C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo. O peggio, è tutto sbagliato tutto questo.

Conan, il più grande eroe della mia infanzia

Capolavoro di Miyazaki in 26 puntate trasmesso a partire dal 1978 in Giappone e qualche anno dopo in Italia, ha segnato in maniera indelebile la mia infanzia.

Ancora oggi ascoltare la bellissima sigla cantata da Giorgia Lepore è un’emozione che mi riempie di speranza e di buoni propositi. Riuscire a seguire tutte le puntate, trasmesse da non ricordo più quale rete locale ad orari variabili e intramezzata da tonnellate di pubblicità, era complicatissimo e sono quasi certo di non averle nemmeno viste tutte, ma cercherò di rimediare quanto prima. Bellissimi disegni, bellissima trama, uno stile unico. Da vedere e da far vedere obbligatoriamente ai vostri figli.