Scano di Montiferro

Ci siamo capitati per caso, per il semplice fatto di avere prenotato un B&B lungo la strada tra Cabras e Alghero, e abbiamo scoperto che in quello stesso giorno, in cui si sarebbe tenuta la “Notte de Panes e Funtanas”, c’era la possibilità di fare una visita guidata al paese con una archeologa del luogo, che ci ha fatto scoprire piccoli dettagli che sarebbe stato diversamente molto difficile notare.

Una pietra di ingresso consumata a forza di affilarci la lama dei coltelli.

La chiesa di San Nicola con il simulacro di Cristo e i costumi della “Cunfraria de Santa Rughe”, utilizzati per il rito de s’Incravamentu durante la Settimana Santa.

Una particolarità di questa chiesa è questo dipinto su tela (non saprei come definirlo meglio) che si può abbassare come una tenda, a creare una finta parete di fronte all’altare.

Un particolare di una pietra decorata con un foro all’interno per legare i cavalli o gli asini di fronte alle case.

Il primo mercoledì è stato in realtà un giovedì

Avvertenza per gli incauti lettori: è da quasi quattro mesi che non pubblicavo più nulla su questo blog, per vari motivi che in ogni caso li so io e va bene così, ma purtroppo per voi oggi recupererò con una abbuffata non richiesta di parole e di immagini. Fuggite, finché siete in tempo.

Dopo avere accompagnato mio figlio a scuola, nel primo giovedì di novembre libero dal lavoro sono partito in auto con lo zaino fotografico al completo e senza avere una destinazione precisa. La giornata era molto fredda e ventosa e minacciava pioggia, con un cielo grigio che fotograficamente era quanto di peggio potessi desiderare. Manco avevo cominciato e già stavo partendo con preconcetti errati, perché il maltempo spesso riserva sorprese inaspettate, come avrei scoperto alla fine di questa giornata.

In ogni caso, l’idea era quella di andare in giro e fermarmi dovunque ci fosse stato qualcosa di interessante da fotografare. Essendo sempre stato, per carattere, incline a programmare e avere tutto sotto controllo, volevo cercare invece di entrare in uno stato mentale di libertà e scoperta. Mi fossi perso, sarebbe stato il miglior risultato possibile. Tanto per cominciare, niente navigatore e seguiamo la strada.

In ogni caso, siccome da qualche parte bisognava pur andare e la segnaletica stradale obbliga a fare delle scelte, ad un certo punto ho deciso di andare verso le montagne dal profilo seghettato che si vedono all’orizzonte verso ovest, particolarmente suggestive al tramonto, quando si rientra verso Cagliari da Oristano sulla 131. Che cosa ci fosse da quelle parti non ne avevo la minima idea, non essendoci mai andato, perciò quale posto migliore per cercare di perdersi?

Prima tappa ad Ussana, dove ho fatto un breve giro in auto in centro passando dal Monte granatico. Non ho scattato nessuna foto, ma in compenso in un panificio alla periferia del paese ho subito rovinato i buoni propositi di iniziare a mangiare in maniera più salutare in questo giorno che sarebbe dovuto essere un nuovo inizio per tanti motivi.

Attraversate San Sperate e Villasor, sono quindi arrivato a Villacidro, e ho deciso di andare a vedere la cascata di Sa Spendula, che non avevo mai visto. Bella, ma l’acqua non era tantissima e le foto non sono venute granché. La cosa più sorprendente e straniante è stata salire in auto in cima al monte vicino alla cascata, sopra il quale pensavo di trovare chissà quale vista panoramica o foresta, per scoprire che invece in cima al monte, non appena scollinato, si arrivava alla parte alta del centro abitato di Villacidro. Non me lo aspettavo.

Da lì ho deciso di raggiungere Portu Maga, perciò ho attraversato Arbus e dopo parecchi tornanti in cima ai monti ho scoperto inaspettatamente un grosso complesso minerario. Sceso dall’auto, le condizioni meteorologiche erano abbastanza sconfortanti, come si può vedere in questa foto:

Ho presto scoperto che si trattava della miniera abbandonata di Montevecchio, che non avevo mai visto. Purtroppo era chiusa alle visite, perciò mi sono dovuto limitare a fare qualche foto dalla strada. Enorme, ed estremamente affascinante.

Le strutture principali visibili in queste due foto qui sopra dovrebbero essere la laveria Principe Tommaso, sormontata poi dal Pozzo Sartori, inaugurato durante la seconda guerra mondiale e che scende fino a quasi 300 metri sotto il livello del mare.

Le attività di estrazione, che comunque erano state praticate anche dagli antichi Romani e nel Medioevo, iniziarono a diventare più sistematiche nel 1842, ad opera del prete sassarese Giovanni Antonio Pischedda, che a Marsiglia si associò con un altro sassarese anche lui chiamato Giovanni Antonio ma facente Sanna di cognome.

Ben presto la miniera divenne la più grande del Regno d’Italia, con 1100 operai al lavoro nel 1865, e cessò di esistere soltanto nel 1991 dopo l’occupazione del pozzo Amsicora effettuata da alcuni minatori in segno di protesta.

Terminata la visita dall’esterno di Montevecchio, con la promessa di ritornarci quanto prima per una visita guidata, ho proseguito verso Portu Maga, ma mi sono trovato presto di fronte ad una strada sbarrata, che mi ha obbligato a lasciar perdere l’idea di andare in questa spiaggia (sarà una prossima volta) e procedere verso nord, fino ad arrivare a Porto Palma, in tempesta e sferzata dalla pioggia e dal maestrale, ed infine a Torre dei corsari, dove ho scattato questa foto di Cala is Cannisonis.

per poi andare dall’altro versante rispetto alla Torre di Flumentorgiu a vedere lo spiaggione di Torre dei Corsari, dalla sabbia color ocra in questa giornata di maltempo

Era ormai tempo di rientrare alla base, non prima però di fermarmi da qualche parte vicino a San Nicolò d’Arcidano a fotografare i campi verdi ipersaturi per la pioggia…

… un magnifico doppio arcobaleno….

… i monti seghettati che mi avevano in questa giornata attirato da queste parti…

…ed infine i campi al tramonto sotto la pioggia.

tutte le foto © germinazioni

Iloi

La visita del complesso nuragico di Iloi è stata bellissima. Tanto per cominciare, non sapevo nemmeno che esistesse fino a quando non l’ho trovato nel libro “Sardegna archeologica” acquistato la scorsa estate. Andando a Nuoro per lavoro, dopo la breve sosta al Santuario nuragico di Santa Cristina, questo sito risultava talmente tanto facilmente raggiungibile da non poter essere ignorato. Ci sono arrivato senza grandi aspettative, ed è stata invece una fantastica sorpresa.

La giornata era caldissima e con il cielo coperto, non proprio le condizioni ideali per scattare foto. Al contempo, ciò ha consentito facilmente di tirare fuori in post produzione una saturazione dei colori anche troppo spinta, come questa qui sopra. Ero completamente solo, per la mia totale goduria. Visitare questi siti archeologici nel silenzio più assoluto è un privilegio impagabile.

Il nuraghe appare subito in mezzo ai fili d’erba già secchi e gialli, in mezzo a cui bisogna farsi strada maledicendo il fatto di essersi portate scarpe da running che si riempiono di spighe pungenti e fastidiose tra le calze in cotone e la tomaia.

Sono poi andato a visitare i resti delle capanne nuragiche circolari, anch’esse affascinanti, gloriosamente ricoperte dall’erba. Facendo qualche ricerca per questo articolo leggo che il comune di Sedilo intende valorizzare maggiormente questo sito: mi sembra un’ottima idea, ed esiste pure una associazione archeologica che sta facendo un buon lavoro in tal senso.

Dal nuraghe vado a visitare le due belle tombe dei giganti lì vicino e poi scendo verso il sentiero che dovrebbe condurmi alle domus de janas di Ispilluncas che però non riesco a trovare (probabilmente avrei dovuto proseguire oltre nel sentiero ma il tempo stringeva e sono tornato indietro). Ottimi motivi per ritornare in questo posto magico. Ne ho approfittato per fare qualche foto naturalistica, pur non possedendo la Sony RX100 Vi un obiettivo macro adatto allo scopo.

tutte le foto © germinazioni

Ritorno a Santa Cristina

Le riunioni di lavoro a Nuoro ben si prestano a qualche tappa turistico-fotografica lungo la strada. La visita del Santuario nuragico di Santa Cristina a Paulilatino mi era rimasta nel cuore come una delle più emozionanti della mia vita, e ci sono voluto fortemente tornare. Purtroppo questa volta la giornata era grigia e afosa, le cicale stavano mute e il sito era popolato da qualche decina di turisti. La volta precedente, per una combinazione, ero stato lì alle due del pomeriggio di un luglio assolato, quando la gente sana di mente stava al fresco a pranzare e il santuario era pressoché deserto. Dovrò ripetere questa procedura in futuro, quanto prima.

Questa foto l’avevo scattata la volta scorsa, e non so per quale motivo non l’abbia inclusa nell’articolo. Ne approfitto adesso. Stavolta invece c’erano i turisti, e la magia del luogo era diversa.

Quando però si arriva in fondo al pozzo, e si guarda verso il foro nella sommità da cui arriva la luce, questa meraviglia mi continua a sembrare pura fantascienza.

Visto che il pozzo era difficile da fotografare meglio di così, e che la presenza delle altre persone mi ha impedito di trovare quelle sensazioni che ricercavo, mi sono dedicato a fare qualche foto al villaggio devozionale intorno alla chiesa.

tutte le foto © germinazioni