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Categoria: Natura
Sul sentiero 814 del parco dei Sette Fratelli
Ormai da un anno a questa parte il ginocchio destro mi ha costretto a malincuore a rinunciare definitivamente agli allenamenti di corsa e quindi al triathlon. Quando negli scorsi giorni ha iniziato a farmi male anche nelle passeggiate rilassate in paese con il cane, ho temuto di dover abbandonare l’idea di fare qualche escursione in Sardegna, alla quale mi ero tenacemente aggrappato come ultima speranza di fare – per quanto più possibile – della mia vita un viaggio.
Rinunciato ormai a progetti ben più ambiziosi, mai avviati per mia incapacità e per le scelte fatte nella vita, e tolti i grilli dalla testa (e non posso fare a meno di ricordare con un sorriso le urla profetiche di “Ve li tolgo io i grilli dalla testa! Ve li tolgo io!” della signora polemica di Perdas che si è cercato di aiutare qualche settimana fa) restava da capire come meglio andare avanti. Capire soprattutto se ci fosse la possibilità di non appiattirsi nella rinuncia ai propri sogni ma cercare piuttosto di ridimensionare questi sogni ma finalmente viverli, una volta buona. Abitare in Sardegna, da questo punto di vista, è un gran vantaggio, perché è un’isola meravigliosa, non piccola e con una buona varietà di ambienti naturali.
Esplorare la Sardegna, fino ad ora conosciuta poco, era diventato il mio mantra di queste ultime settimane. Illuminanti in questo senso sono state le uscite in kayak di questa estate, e soprattutto la scoperta della caletta dietro Capo Boi alla quale sono approdato più volte per godermi un bagno in solitaria e stare con i miei pensieri in santa pace. Ad appena due chilometri da una spiaggia che frequento fin da bambino, questa spiaggetta rocciosa di qualche decina di metri di larghezza era a me totalmente ignota fino a due settimane fa, ed è diventata immediatamente uno dei miei posti preferiti. Se all’esplorazione della Sardegna via terra si aggiungono quelle via mare, le possibilità aumentano in maniera significativa, e questo pensiero mi allettava. Restava da capire però se il ginocchio fosse d’accordo con questi ragionamenti, e quindi ho deciso di metterlo alla prova.
Ieri mattina alle sette sono perciò partito vicino al ponte di Mastinaxius per il Sentiero 814 (ex Sentiero arancione) nel Parco dei Sette Fratelli con undici chili tra attrezzatura fotografica, treppiede, binocoli, viveri e acqua.
Il percorso è iniziato subito con una salita micidiale, e per giustificare il fatto di essermi portato dietro tutta l’attrezzatura ho voluto provare ad utilizzare il treppiede Manfrotto Befree GT XPRO con il Fuji 80 macro montato sulla X-T3, per fotografare queste tre foglie che spuntavano dal tronco di un albero ricoperto di muschio nel sottobosco. Nella post-produzione il muschio l’ho scurito da renderlo quasi invisibile, ma vabbè, fidatevi che c’era.
Con l’80 ancora montato, sono ripartito e mi sono fermato in una radura a Bruncu Gionpau a fare una pausa su dei lastroni di granito che si aprivano verso la valle di Maidopis, con una vista spettacolare sulle cime dei Sette Fratelli in lontananza
Sempre con l’80 macro montato, ho ripreso la salita e mi sono fermato per fotografare questa lucertola che spuntava da un masso. Era piuttosto distante quindi ho dovuto croppare, ma soprattutto avrei dovuto pensare bene di montare il 50-140, magari moltiplicato 2x, per ottenere un ingrandimento maggiore.
Sempre con lo stesso obiettivo, stavolta più giustificato, sono riuscito a fare qualche scatto a questa libellula prima che si involasse via velocissima.
Il sentiero ha proseguito nel bosco dove ho fatto questa panoramica con l’iPhone…
… così come quest’altra foto in un’altra cornice di alberi sulla valle con le cime dei monti in lontananza.
Un’ultima foto in cima a Monti Arrubiu e poi ho iniziato la discesa verso Maidopis, da dove con altri tre quarti d’ora di camminata sono tornato alla macchina.
Dopo undici chilometri e cinque ore di camminata, ad oggi il ginocchio non sembra darmi alcun fastidio: il progetto di esplorare la Sardegna può continuare.
Per finire, un piccolo video che riassume in trenta secondi questa bella uscita di ieri.
Oltre Capo Boi
In maniera inaspettata si prospetta una mattina tutta per me, preparo di fretta lo zaino e parto per Solanas, con l’intenzione di spingermi con il kayak verso est senza una meta precisa. Le previsioni meteo parlano di mare poco mosso e vento moderato, non proprio il massimo ma si dovrebbe poter fare. Riprendo l’ascolto in auto di “Trans Europa Express” di Rumiz, un racconto estremamente affascinante di un viaggio verticale al confine tra Europa dell’Est, Russia e Oriente. Nell’ennesima notte insonne e con troppi pensieri, il giorno prima avevo ammirato le foto di Monika Bulaj, la fotografa polacca che all’epoca del viaggio era compagna di Rumiz. Meravigliose, intime, evocative di altri mondi e altre vite.
Avevo anche scoperto che qualche anno prima aveva tenuto un incontro a Cagliari, ennesima occasione mancata di fare qualcosa di stimolante e arricchente nella routine soporosa delle mie giornate. Viaggiare, scoprire il mondo, raccontare e fare fotografie, senza alcun dubbio il mestiere che più mi sarebbe piaciuto fare, la vita che avrei voluto vivere e che resterà sempre come un rimpianto. Un viaggio non fatto in Perù e Bolivia nel 2006, disegnato e sognato sulle guide Lonely planet in turni di 48 ore di guardia medica con Anna a Sadali, é stato forse il mancato punto di svolta che avrebbe forse potuto dare al mio percorso quella direzione, ma poi la vita ha preso altre pieghe, per ritorni e riscoperte tanto a lungo desiderate nei cinque anni precedenti e che hanno condotto ad una famiglia e un figlio e ad altri viaggi non meno affascinanti ma certamente diversi. Stamattina invece sono solo, per la mia piccola avventura in questo quarto giorno di ferie, e stare solo é quello di cui ho bisogno.
Mi fermo al bar del distributore dopo l’ultima galleria, non l’avevo mai fatto prima. É un tentativo anche questo di condividere qualcosa, un racconto di padre e figlia e di nuovi libri da comprare. Vado diretto al banco a cercare qualcosa di adatto da mangiare in kayak: restare senza zuccheri quando c’è da pagaiare a lungo per tornare alla base non é mai una buona idea. La cosa più adatta che trovo é una crostatina all’albicocca, identica a quella che vendono nelle macchinette a lavoro. Sorrido, so io perché. Torno alla macchina e metto tutto il necessario nella busta in tela del kayak, compresi il nuovo paddle float e fischietto arrivati qualche giorno prima. Scopro invece di avere dimenticato per la fretta le sacche stagne, la GoPro e la maglietta tecnica da mettere sotto il giubbotto salvagente. Arrivo in spiaggia alle 8:45, speravo di incontrare mia sorella e famiglia ma ancora non sono arrivati. Anche senza sacche stagne, caricherò tutto sul kayak e speriamo bene. Portafoglio e chiavi nel gavoncino davanti a me, tutto il resto in quello a prua. Telefono nella tasca del giubbotto.
Il mare é scuro, soffia un vento teso e fresco, strascico del fortissimo maestrale dei due giorni precedenti, e a qualche centinaio di metri dalla riva le onde formano spuma bianca. La corrente spinge verso est, e confermo quindi la mia intenzione di superare Capo Boi ed esplorare un altro pezzo di costa dell’Area Marina protetta di Capo Carbonara. Parto dalla spiaggia, sento di avere maggiore dimestichezza nella partenza da riva anche se con qualche onda, e inizio a pagaiare a ritmo tranquillo. Oltrepasso Capo Boi con un mare frastagliato e onde irregolari e appuntite che provengono da tutte le direzioni e mi fanno procedere con prudenza per evitare capovolgimenti, ma la situazione é sotto controllo. Se il mare e il vento non peggioreranno si può fare. Non avendo portato la GoPro non posso documentare con i video, e di fermarmi per tirare fuori il telefono non se ne parla, finirei in ammollo in un niente. Superato il promontorio, che fa da scudo al vento, l’acqua torna piatta e tranquilla e pagaio verso Cala Sirena.
Sbarco per fare qualche foto agli scogli con la torre aragonese sullo sfondo e mi rinfresco un attimo…
…poi dopo qualche altra foto a quest’acqua spettacolare proseguo la navigazione…
…supero Porto Sa Ruxi e punto verso dei grossi scogli che vedo a qualche centinaio di metri. Sono pieni di cormorani, e li circumnavigo tenendomi a distanza, anche perchè il mare é mosso e le onde sballottano la poppa del kayak da una parte all’altra.
Scatto con l’iPhone questa foto che mi piace un sacco, salvo poi scoprire di ritorno a casa che si trattava degli scogli di Piscareddus, un minuscolo triangolo rosso nella mappa che indica che essi rientrano nella Riserva integrale zona A, nella quale é proibita anche la navigazione.
Il kayak è infinitamente meno invasivo di motoscafi e gommoni, per cui mi auguro di non aver rotto troppo le scatole ai cormorani.
Una foto a questa formazione rocciosa a forma di testa di animale e una al Falkensteiner resort immediatamente di fronte ed é tempo di rientrare, con il vento contro e onda formata che mette alla prova muscoli ed equilibrio.
Due ore di avventura e dieci km percorsi, con gli occhi pieni di meraviglia, a parziale distrazione da troppi altri pensieri che mi riportano alla realtà.
Tarassaco (almeno credo)
Bruncu Mastinarxius
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Una passeggiata ai Sette Fratelli
Qualche foto della bella passeggiata fatta a novembre con mio figlio nella valle di Maidopis, nel parco regionale dei Sette Fratelli. Un’esperienza da ripetere quanto prima.
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Cattive notizie in un involucro proteico
Facciamo qualche premessa.
Secondo le stime più autorevoli, nel corso della storia il 99,9% delle specie animali comparse sulla Terra si sono estinte. In parole povere, prima o poi, tutte le specie si estinguono. Non è questione di se ma di quando. In media è scomparsa una specie ogni quattro anni, per una ventina di diverse cause naturali quali ad esempio cambiamenti climatici, impatti con meteoriti, epidemie, eruzioni vulcaniche, brillamenti solari e altre amenità del genere. Dopodiché, tanto per dare una accelerata non richiesta alle cose, ci si è messo pure l’uomo, che è riuscito ad aumentare questo tasso di estinzione naturale di 120.000 volte facendo scomparire almeno 600 specie a settimana. Un’altra delle nostre meritorie imprese.
Tralasciamo brillamenti solari, meteoriti e tutto il resto sul quale la nostra possibilità di controllo è pari a zero (e non nel senso di poco ma nel senso di zero), e concentriamoci sulle epidemie, tanto per restare in tema con la drammatica situazione attuale. Oltre a batteri, funghi, protozoi e tutto il resto, soltanto per quanto riguarda i virus ne esistono almeno cinquemila tipi diversi. “Cattive notizie in un involucro proteico“, così come sono stati definiti dal premio Nobel P. Medawar, sono capaci di causare immani stermini, e lo fanno per il solo motivo per cui noi stessi esistiamo: vivere. Quelli del vaiolo e dell’influenza suina o “spagnola”, tanto per restare all’ultimo centinaio di anni, hanno causato da soli circa 300-400 milioni di morti, in una popolazione mondiale che era un quarto di quella attuale. Per nostra fortuna – per così dire – dal punto di vista dei virus non è vantaggioso riuscire ad ucciderci tutti, perchè vorrebbe dire che essi stessi non avrebbero più ospiti da infettare per riprodursi e morirebbero di conseguenza pure loro.
Consideriamo poi un’altra cosa, tanto per ridurre ulteriormente il nostro ingiustificato delirio di onnipotenza. Siamo soltanto una delle 1.800.000 specie animali presenti sulla Terra (lo 0,0000006% del totale), e viviamo in un pianeta che è soltanto uno degli 8,8 miliardi di pianeti considerati “abitabili” della nostra galassia (0,0000001% del totale), la quale galassia a sua volta è soltanto una dei 2.000 miliardi di galassie che si stimano comporre l’universo (0,0000000005% del totale). Dalla combinazione di questi tre fattori, è chiaro che qui si sta parlando di ordini di grandezza talmente al di fuori dalla nostra esperienza comune e talmente inconcepibili da essere, per quanta buona volontà ci mettiamo, completamente al di là delle nostre capacità cognitive cerebrali. Sappiamo poi dagli studi genetici che i primi esseri umani dovrebbero essersi originati circa 2,5 milioni di anni fa, e anche questo è un numero enorme e difficilmente comprensibile, ma irrisorio se paragonato alla storia delle origini della vita sulla Terra.
Citiamo un esempio che rende bene l’idea, e che la prima volta che l’ho letto mi ha particolarmente colpito, tratto dall’affascinante “Breve storia di quasi tutto” di Bill Bryson, libro che renderei una lettura obbligatoria in tutte le scuole. Se si comprimono i 4,5 miliardi di anni di esistenza della Terra e li spalmiamo in maniera proporzionale in un’unica giornata di 24 ore (tanto per contestualizzare meglio il tutto all’interno di qualcosa che conosciamo bene), se poniamo la formazione del nostro pianeta in corrispondenza del primo secondo di questa ipotetica giornata (ore 00:00:01), gli organismi unicellulari (che pur essendo così semplici sono già un miracolo di funzionamento biochimico) sono comparsi attorno alle 04:00 del mattino, e i microbi sono rimasti le uniche forme di vita fino alle 20:30 di sera, quando sono comparse le piante marine. Attorno alle 20:50 è stato il turno delle meduse, e poco prima delle 22:00 sono apparse le piante terrestri, seguite qualche decina di minuti dopo dai primi animali terrestri, molto diversi da quelli che conosciamo oggi. I dinosauri invece, che tutti abbiamo presenti ma che ci sembrano risalire agli albori dei tempi, sono in realtà comparsi poco prima delle 23:00, per estinguersi poi attorno alle 23:39, lasciando spazio ai mammiferi. E’ finalmente arrivato il nostro turno? Manco per idea: i primi esseri umani (circa 2,5 milioni di anni fa, come detto) sono comparsi alle 23:58 e 43 secondi di questa ipotetica giornata, ragion per cui, tolto tutto il lungo periodo in cui eravamo simili a scimmie e vagavamo per la savana in ricerca di cibo, la storia degli ultimi 10-15.000 anni che abbiamo studiato a scuola non riguarda che gli ultimi pochissimi secondi prima della mezzanotte. Tanto per capirci.
Consideriamo anche un’altra cosa, che diamo incredibilmente per scontata e dovuta. Un essere umano di taglia media è costituito da circa 100 mila miliardi di cellule (sono molte, lo so), ognuna delle quali con un grado di complessità e perfezione che non è nemmeno – neanche questo – lontanamente alla portata della nostra capacità di comprensione. Tutte queste cellule interagiscono tra di loro riuscendo a farci vivere in media una ottantina di anni, che magari a noi non sembrano tantissimi ma sono il risultato della loro incredibile bravura di essere riuscite a svolgere senza errori, con precisione ed esattezza quasi divina, miliardi di miliardi di reazioni biochimiche ogni secondo per 2.522.880.000 volte nel corso di una intera vita. Se vi sembra poco.
Prendiamo atto allora del posto del tutto trascurabile che occupiamo nel mondo, per non parlare di quello irrilevante (ai limiti dell’imbarazzo) che occupiamo nell’universo.
Maturiamo la consapevolezza del fatto che rispetto alla storia della Terra noi esseri umani siamo soltanto una fugace apparizione, e non deve quindi sorprenderci il fatto che la Natura sia del tutto indifferente rispetto alle nostre sorti. Ci va anzi già di lusso che, rispetto ai danni che siamo stati capaci di arrecarle, essa non sia volutamente e comprensibilmente ostile nei nostri confronti.
Rendiamoci pienamente conto del miracolo stesso della vita, e della macchina perfetta che è il corpo umano, ai limiti dell’inconcepibile.
Tutto ciò considerato, non sarebbe allora il caso di dimostrare un minimo di riconoscenza e gratitudine per tutto questo? Non sarebbe il caso di seguire con scrupolo le poche e semplici regole che si sta chiedendo alla intera popolazione di applicare in questi giorni?
Macché, sembra che si stia chiedendo alle persone chissà quale sforzo immotivato e sovraumano. Siamo messi alla prova, e se non ci riusciremo bene farà la Natura a farci fuori per la nostra palese e arrogante stronzaggine.
Niente alba a Molentargius
Speravo di beccare un’alba spettacolare come quella dello scorso sabato, ma questa volta la levataccia alle cinque del mattino di sabato è andata male. Visto che la luce era quello che era, ho fatto qualche foto a caso, e anche se non sono niente di che le posto qui per ricordo.
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