Un po’ di ottimismo

Meno male che ci sono i filosofi che ci tirano su di morale.

Conforta sapere, di questi tempi, che secondo le tesi del recente “The precipice. Existential risk and the future of humanity” del filosofo australiano Toby Ord, Senior Research Fellow del Future of Humanity Institute di Oxford, le probabilità che il genere umano si estingua o si verifichi un irrecuperabile collasso della civiltà, passeranno nei prossimi cento anni dalle 1 su 100 del secolo scorso ad 1 su 6.

Una delle minacce che più mi ha sorpreso, oltre alle solite pandemie, incidenti nucleari, cambiamenti climatici etc, ma che in effetti mi sembra sensata e ampiamente preannunciata da molti libri di fantascienza, é legata agli sviluppi che potrebbe avere l’intelligenza artificiale. Con accezioni evidentemente diverse dal significato originario del termine.

Il problema é che il libro sembra ben documentato, e che secondo altri studiosi le probabilità sono addirittura 1:4 o 1:2.

Non sarà che dovremo rivedere qualcosina dello stile di vita attuale?

L’intelligenza di capire

Nella continua ricerca del significato delle parole, si fanno interessanti scoperte che illuminano di una nuova luce il modo in cui si vede il mondo.

Intelligente: è una parola che deriva dal latino, e ci sono due ipotesi entrambe valide e suggestive.

La prima di esse prevede che questa parola derivi da intus (dentro) e legere (leggere), ovvero colui che ha la capacità di leggere dentro e comprendere dunque la realtà in maniera più piena e profonda. La seconda invece ipotizza che derivi da inter (tra, in mezzo) e legere, dunque colui che ha la capacità di leggere tra le righe e discernere quindi le correlazioni e il significato profondo delle cose.

Bene farà a tenersela ben stretta, chi ha la fortuna di potersi confrontare con una persona intelligente che sa comprendere in profondità la realtà e individuare con la propria sensibilità connessioni tra cose apparentemente lontane e slegate tra loro, aiutando anche gli altri a farlo.

Cattive notizie in un involucro proteico

Facciamo qualche premessa.

Secondo le stime più autorevoli, nel corso della storia il 99,9% delle specie animali comparse sulla Terra si sono estinte. In parole povere, prima o poi, tutte le specie si estinguono. Non è questione di se ma di quando. In media è scomparsa una specie ogni quattro anni, per una ventina di diverse cause naturali quali ad esempio cambiamenti climatici, impatti con meteoriti, epidemie, eruzioni vulcaniche, brillamenti solari e altre amenità del genere. Dopodiché, tanto per dare una accelerata non richiesta alle cose, ci si è messo pure l’uomo, che è riuscito ad aumentare questo tasso di estinzione naturale di 120.000 volte facendo scomparire almeno 600 specie a settimana. Un’altra delle nostre meritorie imprese.

Tralasciamo brillamenti solari, meteoriti e tutto il resto sul quale la nostra possibilità di controllo è pari a zero (e non nel senso di poco ma nel senso di zero), e concentriamoci sulle epidemie, tanto per restare in tema con la drammatica situazione attuale. Oltre a batteri, funghi, protozoi e tutto il resto, soltanto per quanto riguarda i virus ne esistono almeno cinquemila tipi diversi. “Cattive notizie in un involucro proteico“, così come sono stati definiti dal premio Nobel P. Medawar, sono capaci di causare immani stermini, e lo fanno per il solo motivo per cui noi stessi esistiamo: vivere. Quelli del vaiolo e dell’influenza suina o “spagnola”, tanto per restare all’ultimo centinaio di anni, hanno causato da soli circa 300-400 milioni di morti, in una popolazione mondiale che era un quarto di quella attuale. Per nostra fortuna – per così dire – dal punto di vista dei virus non è vantaggioso riuscire ad ucciderci tutti, perchè vorrebbe dire che essi stessi non avrebbero più ospiti da infettare per riprodursi e morirebbero di conseguenza pure loro.

© NASA

Consideriamo poi un’altra cosa, tanto per ridurre ulteriormente il nostro ingiustificato delirio di onnipotenza. Siamo soltanto una delle 1.800.000 specie animali presenti sulla Terra (lo 0,0000006% del totale), e viviamo in un pianeta che è soltanto uno degli 8,8 miliardi di pianeti considerati “abitabili” della nostra galassia (0,0000001% del totale), la quale galassia a sua volta è soltanto una dei 2.000 miliardi di galassie che si stimano comporre l’universo (0,0000000005% del totale). Dalla combinazione di questi tre fattori, è chiaro che qui si sta parlando di ordini di grandezza talmente al di fuori dalla nostra esperienza comune e talmente inconcepibili da essere, per quanta buona volontà ci mettiamo, completamente al di là delle nostre capacità cognitive cerebrali. Sappiamo poi dagli studi genetici che i primi esseri umani dovrebbero essersi originati circa 2,5 milioni di anni fa, e anche questo è un numero enorme e difficilmente comprensibile, ma irrisorio se paragonato alla storia delle origini della vita sulla Terra.

Citiamo un esempio che rende bene l’idea, e che la prima volta che l’ho letto mi ha particolarmente colpito, tratto dall’affascinante “Breve storia di quasi tutto” di Bill Bryson, libro che renderei una lettura obbligatoria in tutte le scuole. Se si comprimono i 4,5 miliardi di anni di esistenza della Terra e li spalmiamo in maniera proporzionale in un’unica giornata di 24 ore (tanto per contestualizzare meglio il tutto all’interno di qualcosa che conosciamo bene), se poniamo la formazione del nostro pianeta in corrispondenza del primo secondo di questa ipotetica giornata (ore 00:00:01), gli organismi unicellulari (che pur essendo così semplici sono già un miracolo di funzionamento biochimico) sono comparsi attorno alle 04:00 del mattino, e i microbi sono rimasti le uniche forme di vita fino alle 20:30 di sera, quando sono comparse le piante marine. Attorno alle 20:50 è stato il turno delle meduse, e poco prima delle 22:00 sono apparse le piante terrestri, seguite qualche decina di minuti dopo dai primi animali terrestri, molto diversi da quelli che conosciamo oggi. I dinosauri invece, che tutti abbiamo presenti ma che ci sembrano risalire agli albori dei tempi, sono in realtà comparsi poco prima delle 23:00, per estinguersi poi attorno alle 23:39, lasciando spazio ai mammiferi. E’ finalmente arrivato il nostro turno? Manco per idea: i primi esseri umani (circa 2,5 milioni di anni fa, come detto) sono comparsi alle 23:58 e 43 secondi di questa ipotetica giornata, ragion per cui, tolto tutto il lungo periodo in cui eravamo simili a scimmie e vagavamo per la savana in ricerca di cibo, la storia degli ultimi 10-15.000 anni che abbiamo studiato a scuola non riguarda che gli ultimi pochissimi secondi prima della mezzanotte. Tanto per capirci.

Consideriamo anche un’altra cosa, che diamo incredibilmente per scontata e dovuta. Un essere umano di taglia media è costituito da circa 100 mila miliardi di cellule (sono molte, lo so), ognuna delle quali con un grado di complessità e perfezione che non è nemmeno – neanche questo – lontanamente alla portata della nostra capacità di comprensione. Tutte queste cellule interagiscono tra di loro riuscendo a farci vivere in media una ottantina di anni, che magari a noi non sembrano tantissimi ma sono il risultato della loro incredibile bravura di essere riuscite a svolgere senza errori, con precisione ed esattezza quasi divina, miliardi di miliardi di reazioni biochimiche ogni secondo per 2.522.880.000 volte nel corso di una intera vita. Se vi sembra poco.

Prendiamo atto allora del posto del tutto trascurabile che occupiamo nel mondo, per non parlare di quello irrilevante (ai limiti dell’imbarazzo) che occupiamo nell’universo.

Maturiamo la consapevolezza del fatto che rispetto alla storia della Terra noi esseri umani siamo soltanto una fugace apparizione, e non deve quindi sorprenderci il fatto che la Natura sia del tutto indifferente rispetto alle nostre sorti. Ci va anzi già di lusso che, rispetto ai danni che siamo stati capaci di arrecarle, essa non sia volutamente e comprensibilmente ostile nei nostri confronti.

Rendiamoci pienamente conto del miracolo stesso della vita, e della macchina perfetta che è il corpo umano, ai limiti dell’inconcepibile.

Tutto ciò considerato, non sarebbe allora il caso di dimostrare un minimo di riconoscenza e gratitudine per tutto questo? Non sarebbe il caso di seguire con scrupolo le poche e semplici regole che si sta chiedendo alla intera popolazione di applicare in questi giorni?

Macché, sembra che si stia chiedendo alle persone chissà quale sforzo immotivato e sovraumano. Siamo messi alla prova, e se non ci riusciremo bene farà la Natura a farci fuori per la nostra palese e arrogante stronzaggine.

Di ritorno

Di ritorno dal lavoro, stanco ma genuinamente stupito per via della progressiva seppur ormai tardiva presa di coscienza di quanto sono idiota, se non altro scopro che in tutto questo tempo almeno una cosa buona l’ho fatta: portarmi sempre appresso la RX100 V per fotografare tramonti splendidi come questo, tutte le volte che il Grande Coreografo generosamente ci delizia con questi spettacoli e allevia un poco le nostre pene.

tutte le foto © germinazioni