Iloi

La visita del complesso nuragico di Iloi è stata bellissima. Tanto per cominciare, non sapevo nemmeno che esistesse fino a quando non l’ho trovato nel libro “Sardegna archeologica” acquistato la scorsa estate. Andando a Nuoro per lavoro, dopo la breve sosta al Santuario nuragico di Santa Cristina, questo sito risultava talmente tanto facilmente raggiungibile da non poter essere ignorato. Ci sono arrivato senza grandi aspettative, ed è stata invece una fantastica sorpresa.

La giornata era caldissima e con il cielo coperto, non proprio le condizioni ideali per scattare foto. Al contempo, ciò ha consentito facilmente di tirare fuori in post produzione una saturazione dei colori anche troppo spinta, come questa qui sopra. Ero completamente solo, per la mia totale goduria. Visitare questi siti archeologici nel silenzio più assoluto è un privilegio impagabile.

Il nuraghe appare subito in mezzo ai fili d’erba già secchi e gialli, in mezzo a cui bisogna farsi strada maledicendo il fatto di essersi portate scarpe da running che si riempiono di spighe pungenti e fastidiose tra le calze in cotone e la tomaia.

Sono poi andato a visitare i resti delle capanne nuragiche circolari, anch’esse affascinanti, gloriosamente ricoperte dall’erba. Facendo qualche ricerca per questo articolo leggo che il comune di Sedilo intende valorizzare maggiormente questo sito: mi sembra un’ottima idea, ed esiste pure una associazione archeologica che sta facendo un buon lavoro in tal senso.

Dal nuraghe vado a visitare le due belle tombe dei giganti lì vicino e poi scendo verso il sentiero che dovrebbe condurmi alle domus de janas di Ispilluncas che però non riesco a trovare (probabilmente avrei dovuto proseguire oltre nel sentiero ma il tempo stringeva e sono tornato indietro). Ottimi motivi per ritornare in questo posto magico. Ne ho approfittato per fare qualche foto naturalistica, pur non possedendo la Sony RX100 Vi un obiettivo macro adatto allo scopo.

tutte le foto © germinazioni

La Domus de janas “Acqua ‘e is dolus”

Durante una delle tante uscite in MTB nella pineta di Sinnai  ho scoperto qualche anno fa una bellissima domus de janas chiamata “Acqua ‘e is dolus”, ovvero l’acqua dei dolori. Il nome origina dal fatto che, tranne che nella stagione più secca, la piccola cavità scavata nel granito (tra il 2.700 e il 4.000 a.C.) è sempre piena d’acqua, per via di una falda sotterranea e per il ristagno dell’acqua piovana, e si è attribuito a queste acque un effetto curativo.

Come si può vedere dal video qui sopra, è costituita da due camere, alte meno di un metro. Se trovarla, andate nella zona chiamata “Landireddus” e poi cercate il piccolo cartello in legno che ne segnala la presenza. E’ particolarmente fotogenica al tramonto.

© germinazioni

Il Santuario nuragico di Santa Cristina

Mai avevo sentite le cicale frinire così forte come nel Santuario nuragico di Santa Cristina: il loro suono sovrasta ogni altra sensazione, ed è la prima cosa che mi colpisce sotto il sole cocente di questo pomeriggio di luglio. Erano anni che mi ripromettevo di visitare questo sito archeologico, in cui ero stato durante una gita scolastica ma della quale serbo pochi ricordi.

Ad un passo dalla S.S. 131, la possibilità di visitarlo mi è sempre sembrata talmente semplice che ogni volta rimandavo a quella successiva. Stanchezza, fretta di tornare a casa, abbigliamento non adatto…. C’era sempre una scusa pronta. Questa volta però mi sono organizzato, e dopo una riunione di lavoro a Gavoi mi sono fermato in uno spiazzo lungo la statale: via l’abito, mi infilo una maglietta, un paio di pantaloncini corti e le vecchie scarpe da running.

Il sudore mi imperla la nuca, l’afa è soffocante. Le cicale continuano il loro concerto, ammutolendosi un istante soltanto quanto mi avvicino ai rami degli ulivastri per cercare di osservarle, e sembrano l’unica forma di vita in questi pezzo di Sardegna primordiale.

© germinazioni

Attraversato uno spiazzo nel villaggio cristiano, contornato dai muristenes utilizzati come alloggio per i pellegrini che si recano alla chiesa campestre di Santa Cristina di Paulilatino (OR), costruita dai monaci camaldolesi in periodo medievale, arrivo finalmente ai resti del villaggio nuragico. L’ombra degli ulivastri mi da un po’ di sollievo dall’afa, con la Fuji XT-1 cerco di scattare qualche foto, ma non è semplice gestire le luci e le ombre troppo forti delle prime ore del pomeriggio. Indeciso tra bianco e nero e colore, alla fine opto per entrambi: dal punto di vista stilistico non ha molto senso e vengono fuori immagini banali e senza pretesa alcuna, come era scontato che fosse. E’ difficile entrare in quello stato di predisposizione mentale che favorisce la creazione artistica in fotografia, specialmente non essendoci più abituato. La visione è tutta da trovare, e non è questo pomeriggio il giorno giusto per farlo.

Lascio per ultima la parte più interessante della visita al santuario nuragico di Santa Cristina, e percorro un campo assolato, con le cicale che continuano senza sosta a offrirmi una armoniosa musica di sottofondo. Sottofondo mica tanto, visto il frastuono che fanno. Arrivo al pozzo sacro, le geometrie promettono bene già dall’ingresso ma non è ancora nulla rispetto alla discesa dei ripidi scalini che conducono all’acqua nel fondo della struttura.

Fantascienza.

Continuo a ripetermi questa parola mentre osservo stupefatto la perfezione della squadratura delle pietre in basalto e gli incastri sovrapposti. Tanta è la differenza di raffinatezza costruttiva del pozzo sacro rispetto ai nuraghi che non sembrano nemmeno opera delle stessa epoca. Che meraviglia!

© germinazioni

“…principesco è il pozzo di Santa Cristina, che rappresenta il culmine dell’architettura dei templi delle acque. È così equilibrato nelle proporzioni, sofisticato nei tersi e precisi paramenti dell’interno, studiato nella composizione geometrica delle membrature, così razionale in una parola da non capacitarsi, a prima vista, che sia opera vicina all’anno 1000 a.C. e che l’abbia espressa l’arte nuragica, prima che si affermassero nell’isola prestigiose civiltà storiche”

Giovanni Lilliu – “Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi (1955-1957)