Un vassoio di fichi raccolti da mio padre, e da mio nonno e mia nonna prima di lui.
Una delle cose più buone che si possano mangiare nella vita.
Un vassoio di fichi raccolti da mio padre, e da mio nonno e mia nonna prima di lui.
Una delle cose più buone che si possano mangiare nella vita.
Nello stesso volo in cui ho visto “A star is born”, ho guardato anche “The mule”, di e con il leggendario Clint Eastwood. Per quanto la risoluzione del monitor del 777 fosse scarsa quanto quella della nostra compagnia di bandiera di offrire finalmente un servizio degno di questo nome, il film mi è piaciuto, anche se non mi ha entusiasmato. Mi è sembrato comunque poco credibile (con i limiti rappresentati dalla visione di un film in un aereo, con tutte le distrazioni che ci sono, nonché dalla mia incompetenza al riguardo) in certe dinamiche psicologiche, e con un ravvedimento del protagonista scarsamente motivato. Ma del resto è cinema, e va tutto bene.
Quello che più mi è rimasto è la metafora dei fiori: per un certo tempo necessitano di molte cure prima che possano sbocciare, in tutta la loro effimera bellezza e unicità, per poi morire subito dopo. Al contrario di una famiglia, per costruire la quale non basta una vita.
Poteva piovere a dirotto per ore, ma quando ci parlavo la risposta era sempre la stessa:
– “Hai visto quanto ha piovuto oggi?”
– “Macché, sono solo due gocce, alla campagna non servono a niente”
Gli piaceva quando pioveva per ore, una pioggia leggera ma costante e implacabile, che il terreno si beveva fino in fondo. E comunque, per non rischiare, agli amati ulivi di Barrachedda portava sempre l’acqua con i bidoni caricati sulla Fiesta.
Chissà se le piogge abbondantissime di quest’anno a Marco siano bastate, o se su dall’alto ci abbia messo lo zampino.
Per mia grande fortuna ho dei genitori in gamba, che tra le altre cose hanno messo in piedi nel tempo una discreta biblioteca a casa nostra. Da che io ricordi, abbiamo sempre avuto in casa una stanza, che chiamavamo “lo studio”, con gli scaffali pieni di libri fino al soffitto. Non so quante altre famiglie, nel nostro paese, potessero disporre di una biblioteca del genere, ma sono certo che essa abbia contribuito e non poco sulla buona riuscita negli studi mia e delle mie sorelle. E anche sul tipo di persone che siamo diventati. Questa biblioteca è sempre stata suddivisa in due sezioni piuttosto distinte. La prima era costituita da una validissima ed esaustiva collezione di testi classici di Autori greci e latini. Collezione che mio padre ha pazientemente raccolto negli anni, setacciando librerie del nuovo e dell’usato, per non parlare della meticolosa ricerca tra i bouquinisti parigini, dai quali tornava a volte tutto orgoglioso per aver scoperto a poco prezzo qualche volume introvabile delle opere di qualche scrittore antico, più o meno famoso che fosse. Un insieme di libri acquistati certamente per motivi professionali – insegnava Latino e Greco al liceo – ma soprattutto, io credo, per il piacere e la ricchezza immateriale che deriva dall’avere in casa così tanta Cultura che rappresenta il fondamento stesso della nostra civiltà.
L’altra parte della biblioteca era invece costituita da testi di letteratura, italiana e straniera, soprattutto del Novecento ma anche del secolo precedente. Non so per quale motivo, forse perché da che ricordi l’ho sempre vista leggere più di mio padre, mi verrebbe spontaneo attribuire la scelta di questi titoli a mia madre, anche lei insegnante di Italiano alle scuole medie. Qualche libro in maniera evidente appariva fuori tema rispetto al resto della collezione, e con molta probabilità era frutto di qualche regalo poco indovinato. Altri ancora, tipo la raccolta delle opere di Pavese, di Hemingway o Silone, penso invece che fossero stati scelti da mio padre. Ma magari mi sbaglio. Magari anche quelli erano regali, e ben azzeccati. Oppure li ha scelti mia madre, chissà.
Negli anni della crescita, quando non avevo voglia di studiare, soprattutto al liceo e all’università, ho attinto a piene mani dalla biblioteca di famiglia, che all’epoca contava credo duemila volumi. Ne ho letto parecchi, e molti di essi sono stati importanti per la mia formazione.
Da anni “lo studio” nella casa dei miei non esiste più, ma la biblioteca ovviamente rimane e si è anzi arricchita ulteriormente, anche se le due sezioni sono ora separate anche fisicamente: gli autori classici nella libreria nell’andito, tutto il resto nella stanzetta al primo piano dove dormivo da piccolo. A casa nostra abbiamo invece una nostra biblioteca, che ammonterà ad un migliaio di volumi. Diversi da quelli dei miei, con maggiore contaminazione di generi: storia, saggistica, letteratura, fumetti di Ken Parker e Hugo Pratt, libri di fotografia, innumerevoli guide di viaggio, libri di cucina, manuali vari. Possiedo poi quasi trecento libri in formato eBook, ma sono dentro il Kindle ed è come se non esistessero, o per lo meno non potranno mai svolgere quella funzione che ha avuto per me la biblioteca dei miei genitori. Nostro figlio é ancora piccolo, ma quest’anno ha imparato a leggere e bisognerà proprio che anche io gli faccia trovare una biblioteca fisica da cui imparare e sognare.