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La biblioteca di famiglia
Per mia grande fortuna ho dei genitori in gamba, che tra le altre cose hanno messo in piedi nel tempo una discreta biblioteca a casa nostra. Da che io ricordi, abbiamo sempre avuto in casa una stanza, che chiamavamo “lo studio”, con gli scaffali pieni di libri fino al soffitto. Non so quante altre famiglie, nel nostro paese, potessero disporre di una biblioteca del genere, ma sono certo che essa abbia contribuito e non poco sulla buona riuscita negli studi mia e delle mie sorelle. E anche sul tipo di persone che siamo diventati. Questa biblioteca è sempre stata suddivisa in due sezioni piuttosto distinte. La prima era costituita da una validissima ed esaustiva collezione di testi classici di Autori greci e latini. Collezione che mio padre ha pazientemente raccolto negli anni, setacciando librerie del nuovo e dell’usato, per non parlare della meticolosa ricerca tra i bouquinisti parigini, dai quali tornava a volte tutto orgoglioso per aver scoperto a poco prezzo qualche volume introvabile delle opere di qualche scrittore antico, più o meno famoso che fosse. Un insieme di libri acquistati certamente per motivi professionali – insegnava Latino e Greco al liceo – ma soprattutto, io credo, per il piacere e la ricchezza immateriale che deriva dall’avere in casa così tanta Cultura che rappresenta il fondamento stesso della nostra civiltà.
L’altra parte della biblioteca era invece costituita da testi di letteratura, italiana e straniera, soprattutto del Novecento ma anche del secolo precedente. Non so per quale motivo, forse perché da che ricordi l’ho sempre vista leggere più di mio padre, mi verrebbe spontaneo attribuire la scelta di questi titoli a mia madre, anche lei insegnante di Italiano alle scuole medie. Qualche libro in maniera evidente appariva fuori tema rispetto al resto della collezione, e con molta probabilità era frutto di qualche regalo poco indovinato. Altri ancora, tipo la raccolta delle opere di Pavese, di Hemingway o Silone, penso invece che fossero stati scelti da mio padre. Ma magari mi sbaglio. Magari anche quelli erano regali, e ben azzeccati. Oppure li ha scelti mia madre, chissà.
Negli anni della crescita, quando non avevo voglia di studiare, soprattutto al liceo e all’università, ho attinto a piene mani dalla biblioteca di famiglia, che all’epoca contava credo duemila volumi. Ne ho letto parecchi, e molti di essi sono stati importanti per la mia formazione.
Da anni “lo studio” nella casa dei miei non esiste più, ma la biblioteca ovviamente rimane e si è anzi arricchita ulteriormente, anche se le due sezioni sono ora separate anche fisicamente: gli autori classici nella libreria nell’andito, tutto il resto nella stanzetta al primo piano dove dormivo da piccolo. A casa nostra abbiamo invece una nostra biblioteca, che ammonterà ad un migliaio di volumi. Diversi da quelli dei miei, con maggiore contaminazione di generi: storia, saggistica, letteratura, fumetti di Ken Parker e Hugo Pratt, libri di fotografia, innumerevoli guide di viaggio, libri di cucina, manuali vari. Possiedo poi quasi trecento libri in formato eBook, ma sono dentro il Kindle ed è come se non esistessero, o per lo meno non potranno mai svolgere quella funzione che ha avuto per me la biblioteca dei miei genitori. Nostro figlio é ancora piccolo, ma quest’anno ha imparato a leggere e bisognerà proprio che anche io gli faccia trovare una biblioteca fisica da cui imparare e sognare.
“La macchia umana” di Philip Roth
I trasferimenti in auto per andare a lavoro sono lunghi e spesso noiosi. Mi capita spesso di avere bisogno di distrarmi, e di ascoltare qualcosa di interessante. Questo capita di solito quando sono in pace con me stesso, i pensieri sono chiari, il mondo è in ordine e vado avanti diritto per la mia strada senza apparenti esitazioni. Altre volte invece la mente vaga tra mille pensieri, e in quei casi anche solo ascoltare un po’ di musica mi disturba e interrompe il flusso delle cose. Allora apro un po’ il finestrino, se il tempo lo consente, come quasi sempre accade, e guido pensando a tutto e a niente. Difficile comunque che da queste riflessioni venga fuori qualcosa di utile. Si tratta più di un modo per far sedimentare certi pensieri che non per addivenire a qualche soluzione.
Ma non divaghiamo…. Nell’ultimo mese, nei momenti propizi sopra descritti, ho dedicato oltre quindici ore di tempo ad ascoltare da Audible “La macchia umana”, audiolibro edito da Emons. E ne è valsa decisamente la pena. Purtroppo Philip Roth, poco più di un mese fa, è appena passato dall’essere giudicato come “il più grande scrittore vivente” al ben più inappellabile “il più grande scrittore morto prima avere meritatamente ricevuto il Nobel per la letteratura”. Ma in fondo chi se ne importa del Nobel. Era e resterà un maestro inimitabile.
Con gli audiolibri mi succede spesso una cosa strana. All’inizio la voce narrante mi appare poco naturale, poco adatta al romanzo. Poi, dopo che è passato un po’ di tempo, diventa magicamente l’unica voce giusta per leggere quel testo, e l’interpretazione di Paolo Pierobon in questo caso è stata davvero ineccepibile, ricca di sfumature e tagliente come una lama.
Non spetta certo a me aggiungere niente di nuovo o di personale su questo capolavoro della letteratura. Non ne sarei minimamente in grado, del resto. L’unica cosa sensata che posso fare è quello di consigliarlo senza esitazioni: scoprirete un magistrale intreccio della trama, una incredibile e veritiera profondità di introspezione dei personaggi e una descrizione implacabile dell’umanità tutta.
Massimo Popolizio legge Pastorale americana di Philip Roth
Due mesi fa ho deciso di provare Audible, la piattaforma di Amazon attraverso la quale é possibile accedere ad un ricco catalogo di audiolibri. Con i libri letti ad alta voce non ho avuto in passato una esperienza particolarmente soddisfacente. A quel tempo li ascoltavo sotto forma di podcast, a puntate. Sarà stata l’opera in questione. Sarà stata la scarsa qualità della lettura. Sarò stato io, non ancora pronto. Non lo so, ma non sono riuscito ad appassionarmi.
Il primo mese di utilizzo di Audible era però gratuito e quindi.. perchè non dare agli audiolibri un’altra possibilità?
Trovandomi a dover fare, in media tre volte alla settimana, tre ore di auto per andare e tornare da lavoro, qualsiasi sistema di intrattenimento è il benvenuto per contrastare la noia e la stanchezza.
Pastorale americana di Philip Roth
Per testare la bontà degli audiolibri di Audible, ho deciso di fare subito la prova più difficile. O la va o la spacca. Iniziare da Pastorale americana di Philip Roth. Se l’audiolibro fosse stato in grado di affrontare questo gigante della letteratura, allora tutto sarebbe stato possibile.
Per chi non lo conoscesse, “Pastorale americana” è stato scritto nel 1997 e ha vinto il Pulitzer per la letteratura nell’anno seguente. Autentico capolavoro, ho avuto la fortuna di leggerlo una decina di anni fa. Sono stati i miei genitori a consigliarmi questo libro, e li ringrazio di cuore. Ancora ricordo quando l’ho letto… d’estate, nell’amaca sotto i pini, nella casa di Solanas, con il sole del mattino che iniziava a filtrare tra gli alberi e nella quiete del pomeriggio, a digerire pastasciutte e angurie.
Non sono tanti i libri dei quali ci si ricorda quando li si ha letti. Soltanto quelli più importanti hanno questo potere.
Un libro talmente ben costruito e ben scritto da lasciare a bocca aperta, per la potenza della narrazione e della trama. Roth è uno scrittore con un immenso talento, dallo stile cristallino nella costruzione delle frasi e per la scelta esatta, millimetrica, delle parole utilizzate. E per la capacità di penetrare nel più profondo dell’animo umano. Senza nessuno sconto e nessuna pietà.
Un libro che cancella qualsiasi speranza di salvezza. Sempre attualissimo, tra l’altro. Per come l’ho percepita io, con tutti i limiti delle mie scarse capacità di critica letteraria, è un’opera che trasmette fondamentalmente tre messaggi.
La assoluta impossibilità di comprensione del mondo.
L’annientamento della falsa, utopistica e pretestuosa convinzione di poter influire sulla nostra vita o su quella delle persone care.
La agghiacciante e sconcertante casualità degli eventi.
L’interpretazione magistrale di Massimo Popolizio
Riuscire a traslare in una narrazione orale un’opera del genere deve essere stata impresa da far tremare i polsi. Ma Massimo Popolizio è riuscito a leggere il testo interpretandolo alla perfezione e arricchendolo con una abilità da artista di primo livello e tutta l’esperienza derivante dal teatro.
Ascoltare un audiolibro in auto per forza di cose richiede uno sforzo di concentrazione ancora maggiore rispetto a quello che sarebbe sufficiente in altri contesti, dal momento che la guida occupa una parte delle attività del cervello. E per quanto la strada che normalmente percorro sia priva di semafori e quasi deserta dal punto di vista del traffico, non è certamente possibile inserire il pilota automatico e staccare il cervello.
Nonostante tutti questi limiti, l’interpretazione di Popolizio, con il variare del tono e del calore della voce, il magistrale utilizzo delle pause e di tutte le sue abilità vocali, ha reso l’ascolto di Pastorale americana una sorta di droga. La trama di Roth obbliga in un certo senso ad andare avanti e a voler scoprire sempre di più, ma una interpretazione meno che superlativa sarebbe stata in grado di rovinare questo capolavoro della letteratura del secolo scorso.
L’edizione di Pastorale americana della Emons è pertanto qualcosa che raccomando ad occhi chiusi a tutti quelli che vogliano ascoltare un audiolibro di altissima qualità. Un audiolibro nel quale l’eccellenza della scrittura di Roth si somma alla indimenticabile interpretazione di Massimo Popolizio per dar vita ad un capolavoro la cui grandezza è maggiore della semplice somma delle parti.