Le riunioni di lavoro a Nuoro ben si prestano a qualche tappa turistico-fotografica lungo la strada. La visita del Santuario nuragico di Santa Cristina a Paulilatino mi era rimasta nel cuore come una delle più emozionanti della mia vita, e ci sono voluto fortemente tornare. Purtroppo questa volta la giornata era grigia e afosa, le cicale stavano mute e il sito era popolato da qualche decina di turisti. La volta precedente, per una combinazione, ero stato lì alle due del pomeriggio di un luglio assolato, quando la gente sana di mente stava al fresco a pranzare e il santuario era pressoché deserto. Dovrò ripetere questa procedura in futuro, quanto prima.
Questa foto l’avevo scattata la volta scorsa, e non so per quale motivo non l’abbia inclusa nell’articolo. Ne approfitto adesso. Stavolta invece c’erano i turisti, e la magia del luogo era diversa.
Quando però si arriva in fondo al pozzo, e si guarda verso il foro nella sommità da cui arriva la luce, questa meraviglia mi continua a sembrare pura fantascienza.
Visto che il pozzo era difficile da fotografare meglio di così, e che la presenza delle altre persone mi ha impedito di trovare quelle sensazioni che ricercavo, mi sono dedicato a fare qualche foto al villaggio devozionale intorno alla chiesa.
Mai avevo sentite le cicale frinire così forte come nel Santuario nuragico di Santa Cristina: il loro suono sovrasta ogni altra sensazione, ed è la prima cosa che mi colpisce sotto il sole cocente di questo pomeriggio di luglio. Erano anni che mi ripromettevo di visitare questo sito archeologico, in cui ero stato durante una gita scolastica ma della quale serbo pochi ricordi.
Ad un passo dalla S.S. 131, la possibilità di visitarlo mi è sempre sembrata talmente semplice che ogni volta rimandavo a quella successiva. Stanchezza, fretta di tornare a casa, abbigliamento non adatto…. C’era sempre una scusa pronta. Questa volta però mi sono organizzato, e dopo una riunione di lavoro a Gavoi mi sono fermato in uno spiazzo lungo la statale: via l’abito, mi infilo una maglietta, un paio di pantaloncini corti e le vecchie scarpe da running.
Il sudore mi imperla la nuca, l’afa è soffocante. Le cicale continuano il loro concerto, ammutolendosi un istante soltanto quanto mi avvicino ai rami degli ulivastri per cercare di osservarle, e sembrano l’unica forma di vita in questi pezzo di Sardegna primordiale.
Attraversato uno spiazzo nel villaggio cristiano, contornato dai muristenes utilizzati come alloggio per i pellegrini che si recano alla chiesa campestre di Santa Cristina di Paulilatino (OR), costruita dai monaci camaldolesi in periodo medievale, arrivo finalmente ai resti del villaggio nuragico. L’ombra degli ulivastri mi da un po’ di sollievo dall’afa, con la Fuji XT-1 cerco di scattare qualche foto, ma non è semplice gestire le luci e le ombre troppo forti delle prime ore del pomeriggio. Indeciso tra bianco e nero e colore, alla fine opto per entrambi: dal punto di vista stilistico non ha molto senso e vengono fuori immagini banali e senza pretesa alcuna, come era scontato che fosse. E’ difficile entrare in quello stato di predisposizione mentale che favorisce la creazione artistica in fotografia, specialmente non essendoci più abituato. La visione è tutta da trovare, e non è questo pomeriggio il giorno giusto per farlo.
Lascio per ultima la parte più interessante della visita al santuario nuragico di Santa Cristina, e percorro un campo assolato, con le cicale che continuano senza sosta a offrirmi una armoniosa musica di sottofondo. Sottofondo mica tanto, visto il frastuono che fanno. Arrivo al pozzo sacro, le geometrie promettono bene già dall’ingresso ma non è ancora nulla rispetto alla discesa dei ripidi scalini che conducono all’acqua nel fondo della struttura.
Fantascienza.
Continuo a ripetermi questa parola mentre osservo stupefatto la perfezione della squadratura delle pietre in basalto e gli incastri sovrapposti. Tanta è la differenza di raffinatezza costruttiva del pozzo sacro rispetto ai nuraghi che non sembrano nemmeno opera delle stessa epoca. Che meraviglia!
“…principesco è il pozzo di Santa Cristina, che rappresenta il culmine dell’architettura dei templi delle acque. È così equilibrato nelle proporzioni, sofisticato nei tersi e precisi paramenti dell’interno, studiato nella composizione geometrica delle membrature, così razionale in una parola da non capacitarsi, a prima vista, che sia opera vicina all’anno 1000 a.C. e che l’abbia espressa l’arte nuragica, prima che si affermassero nell’isola prestigiose civiltà storiche”
Giovanni Lilliu – “Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica”, in Studi Sardi (1955-1957)