Scano di Montiferro

Ci siamo capitati per caso, per il semplice fatto di avere prenotato un B&B lungo la strada tra Cabras e Alghero, e abbiamo scoperto che in quello stesso giorno, in cui si sarebbe tenuta la “Notte de Panes e Funtanas”, c’era la possibilità di fare una visita guidata al paese con una archeologa del luogo, che ci ha fatto scoprire piccoli dettagli che sarebbe stato diversamente molto difficile notare.

Una pietra di ingresso consumata a forza di affilarci la lama dei coltelli.

La chiesa di San Nicola con il simulacro di Cristo e i costumi della “Cunfraria de Santa Rughe”, utilizzati per il rito de s’Incravamentu durante la Settimana Santa.

Una particolarità di questa chiesa è questo dipinto su tela (non saprei come definirlo meglio) che si può abbassare come una tenda, a creare una finta parete di fronte all’altare.

Un particolare di una pietra decorata con un foro all’interno per legare i cavalli o gli asini di fronte alle case.

Dopo una lunga assenza

Mi è arrivata una email da Booking che mi suggeriva qualche alloggio vicino a Jerzu, e una immagine relativa a Cardedu mi ha colpito perché…. aspetta un attimo… non sicurissimo ma… mi sembra una mia vecchia foto!

e in effetti…

Non ha nulla a che fare con Cardedu questa foto del nuraghe Losa ad Abbasanta, ma a parte questo piccolo particolare… che ricordi… erano secoli non accedevo al pannello di controllo di Shutterstock

Il primo mercoledì è stato in realtà un giovedì

Avvertenza per gli incauti lettori: è da quasi quattro mesi che non pubblicavo più nulla su questo blog, per vari motivi che in ogni caso li so io e va bene così, ma purtroppo per voi oggi recupererò con una abbuffata non richiesta di parole e di immagini. Fuggite, finché siete in tempo.

Dopo avere accompagnato mio figlio a scuola, nel primo giovedì di novembre libero dal lavoro sono partito in auto con lo zaino fotografico al completo e senza avere una destinazione precisa. La giornata era molto fredda e ventosa e minacciava pioggia, con un cielo grigio che fotograficamente era quanto di peggio potessi desiderare. Manco avevo cominciato e già stavo partendo con preconcetti errati, perché il maltempo spesso riserva sorprese inaspettate, come avrei scoperto alla fine di questa giornata.

In ogni caso, l’idea era quella di andare in giro e fermarmi dovunque ci fosse stato qualcosa di interessante da fotografare. Essendo sempre stato, per carattere, incline a programmare e avere tutto sotto controllo, volevo cercare invece di entrare in uno stato mentale di libertà e scoperta. Mi fossi perso, sarebbe stato il miglior risultato possibile. Tanto per cominciare, niente navigatore e seguiamo la strada.

In ogni caso, siccome da qualche parte bisognava pur andare e la segnaletica stradale obbliga a fare delle scelte, ad un certo punto ho deciso di andare verso le montagne dal profilo seghettato che si vedono all’orizzonte verso ovest, particolarmente suggestive al tramonto, quando si rientra verso Cagliari da Oristano sulla 131. Che cosa ci fosse da quelle parti non ne avevo la minima idea, non essendoci mai andato, perciò quale posto migliore per cercare di perdersi?

Prima tappa ad Ussana, dove ho fatto un breve giro in auto in centro passando dal Monte granatico. Non ho scattato nessuna foto, ma in compenso in un panificio alla periferia del paese ho subito rovinato i buoni propositi di iniziare a mangiare in maniera più salutare in questo giorno che sarebbe dovuto essere un nuovo inizio per tanti motivi.

Attraversate San Sperate e Villasor, sono quindi arrivato a Villacidro, e ho deciso di andare a vedere la cascata di Sa Spendula, che non avevo mai visto. Bella, ma l’acqua non era tantissima e le foto non sono venute granché. La cosa più sorprendente e straniante è stata salire in auto in cima al monte vicino alla cascata, sopra il quale pensavo di trovare chissà quale vista panoramica o foresta, per scoprire che invece in cima al monte, non appena scollinato, si arrivava alla parte alta del centro abitato di Villacidro. Non me lo aspettavo.

Da lì ho deciso di raggiungere Portu Maga, perciò ho attraversato Arbus e dopo parecchi tornanti in cima ai monti ho scoperto inaspettatamente un grosso complesso minerario. Sceso dall’auto, le condizioni meteorologiche erano abbastanza sconfortanti, come si può vedere in questa foto:

Ho presto scoperto che si trattava della miniera abbandonata di Montevecchio, che non avevo mai visto. Purtroppo era chiusa alle visite, perciò mi sono dovuto limitare a fare qualche foto dalla strada. Enorme, ed estremamente affascinante.

Le strutture principali visibili in queste due foto qui sopra dovrebbero essere la laveria Principe Tommaso, sormontata poi dal Pozzo Sartori, inaugurato durante la seconda guerra mondiale e che scende fino a quasi 300 metri sotto il livello del mare.

Le attività di estrazione, che comunque erano state praticate anche dagli antichi Romani e nel Medioevo, iniziarono a diventare più sistematiche nel 1842, ad opera del prete sassarese Giovanni Antonio Pischedda, che a Marsiglia si associò con un altro sassarese anche lui chiamato Giovanni Antonio ma facente Sanna di cognome.

Ben presto la miniera divenne la più grande del Regno d’Italia, con 1100 operai al lavoro nel 1865, e cessò di esistere soltanto nel 1991 dopo l’occupazione del pozzo Amsicora effettuata da alcuni minatori in segno di protesta.

Terminata la visita dall’esterno di Montevecchio, con la promessa di ritornarci quanto prima per una visita guidata, ho proseguito verso Portu Maga, ma mi sono trovato presto di fronte ad una strada sbarrata, che mi ha obbligato a lasciar perdere l’idea di andare in questa spiaggia (sarà una prossima volta) e procedere verso nord, fino ad arrivare a Porto Palma, in tempesta e sferzata dalla pioggia e dal maestrale, ed infine a Torre dei corsari, dove ho scattato questa foto di Cala is Cannisonis.

per poi andare dall’altro versante rispetto alla Torre di Flumentorgiu a vedere lo spiaggione di Torre dei Corsari, dalla sabbia color ocra in questa giornata di maltempo

Era ormai tempo di rientrare alla base, non prima però di fermarmi da qualche parte vicino a San Nicolò d’Arcidano a fotografare i campi verdi ipersaturi per la pioggia…

… un magnifico doppio arcobaleno….

… i monti seghettati che mi avevano in questa giornata attirato da queste parti…

…ed infine i campi al tramonto sotto la pioggia.

tutte le foto © germinazioni

Sul sentiero 814 del parco dei Sette Fratelli

Ormai da un anno a questa parte il ginocchio destro mi ha costretto a malincuore a rinunciare definitivamente agli allenamenti di corsa e quindi al triathlon. Quando negli scorsi giorni ha iniziato a farmi male anche nelle passeggiate rilassate in paese con il cane, ho temuto di dover abbandonare l’idea di fare qualche escursione in Sardegna, alla quale mi ero tenacemente aggrappato come ultima speranza di fare – per quanto più possibile – della mia vita un viaggio.

Rinunciato ormai a progetti ben più ambiziosi, mai avviati per mia incapacità e per le scelte fatte nella vita, e tolti i grilli dalla testa (e non posso fare a meno di ricordare con un sorriso le urla profetiche di “Ve li tolgo io i grilli dalla testa! Ve li tolgo io!” della signora polemica di Perdas che si è cercato di aiutare qualche settimana fa) restava da capire come meglio andare avanti. Capire soprattutto se ci fosse la possibilità di non appiattirsi nella rinuncia ai propri sogni ma cercare piuttosto di ridimensionare questi sogni ma finalmente viverli, una volta buona. Abitare in Sardegna, da questo punto di vista, è un gran vantaggio, perché è un’isola meravigliosa, non piccola e con una buona varietà di ambienti naturali.

Esplorare la Sardegna, fino ad ora conosciuta poco, era diventato il mio mantra di queste ultime settimane. Illuminanti in questo senso sono state le uscite in kayak di questa estate, e soprattutto la scoperta della caletta dietro Capo Boi alla quale sono approdato più volte per godermi un bagno in solitaria e stare con i miei pensieri in santa pace. Ad appena due chilometri da una spiaggia che frequento fin da bambino, questa spiaggetta rocciosa di qualche decina di metri di larghezza era a me totalmente ignota fino a due settimane fa, ed è diventata immediatamente uno dei miei posti preferiti. Se all’esplorazione della Sardegna via terra si aggiungono quelle via mare, le possibilità aumentano in maniera significativa, e questo pensiero mi allettava. Restava da capire però se il ginocchio fosse d’accordo con questi ragionamenti, e quindi ho deciso di metterlo alla prova.

Ieri mattina alle sette sono perciò partito vicino al ponte di Mastinaxius per il Sentiero 814 (ex Sentiero arancione) nel Parco dei Sette Fratelli con undici chili tra attrezzatura fotografica, treppiede, binocoli, viveri e acqua.

Il percorso è iniziato subito con una salita micidiale, e per giustificare il fatto di essermi portato dietro tutta l’attrezzatura ho voluto provare ad utilizzare il treppiede Manfrotto Befree GT XPRO con il Fuji 80 macro montato sulla X-T3, per fotografare queste tre foglie che spuntavano dal tronco di un albero ricoperto di muschio nel sottobosco. Nella post-produzione il muschio l’ho scurito da renderlo quasi invisibile, ma vabbè, fidatevi che c’era.

Con l’80 ancora montato, sono ripartito e mi sono fermato in una radura a Bruncu Gionpau a fare una pausa su dei lastroni di granito che si aprivano verso la valle di Maidopis, con una vista spettacolare sulle cime dei Sette Fratelli in lontananza

Sempre con l’80 macro montato, ho ripreso la salita e mi sono fermato per fotografare questa lucertola che spuntava da un masso. Era piuttosto distante quindi ho dovuto croppare, ma soprattutto avrei dovuto pensare bene di montare il 50-140, magari moltiplicato 2x, per ottenere un ingrandimento maggiore.

Sempre con lo stesso obiettivo, stavolta più giustificato, sono riuscito a fare qualche scatto a questa libellula prima che si involasse via velocissima.

Il sentiero ha proseguito nel bosco dove ho fatto questa panoramica con l’iPhone…

… così come quest’altra foto in un’altra cornice di alberi sulla valle con le cime dei monti in lontananza.

Un’ultima foto in cima a Monti Arrubiu e poi ho iniziato la discesa verso Maidopis, da dove con altri tre quarti d’ora di camminata sono tornato alla macchina.

Dopo undici chilometri e cinque ore di camminata, ad oggi il ginocchio non sembra darmi alcun fastidio: il progetto di esplorare la Sardegna può continuare.

Per finire, un piccolo video che riassume in trenta secondi questa bella uscita di ieri.